Lunedì 22 Giugno presso la Casa dei Padri del PIME di Mascalucia
Don Salvatore Bucolo: Perché un incontro formativo di pastorale familiare? Il motivo fondamentale di tale incontro è offrire ai presbiteri e ai diaconi con le loro spose una formazione specifica alla pastorale della famiglia. Vuole, quindi, essere l’inizio di un cammino sulla famiglia, che è diventata una sfida importante per la Chiesa e per il mondo, ed è giusto che nella Chiesa, noi suoi ministri, siamo pronti e preparati. Ordine sacro e matrimonio insieme per la nuova evangelizzazione! Non dobbiamo vedere più la famiglia come OGGETTO destinatario della pastorale della Chiesa ma come SOGGETTO, poiché insieme all’Ordine Sacro, non come collaborazione ma come corresponsabilità, in forza del Sacramento del Matrimonio, (come i presbiteri e i diaconi in forza della loro ordinazione), la famiglia è chiamata ad essere soggetto della nuova evangelizzazione. Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che “il Sacramento del Matrimonio e il Sacramento dell’Ordine sono per la vivificazione della Chiesa”. Chi guiderà questa nostra riflessione è Don Carlo Rocchetta. Docente di Teologia Dogmatica, alla Gregoriana, a S. Anselmo e a Firenze, decide di lasciare la cattedra per dedicarsi totalmente alla pastorale della famiglia, e soprattutto al mistero della Tenerezza di Dio (nel 2000 pubblica proprio un libro intitolato La teologia della Tenerezza). Fa parte, dal 2001, di una comunità di 9 famiglie, con 31 figli (uno sta per nascere), e due sacerdoti. Ognuno abita per conto suo, ma si cerca di vivere quanto più possibile in condivisione, sposi e pastori, tentando, tutti insieme, di portare avanti la pastorale familiare, aiutando le famiglie in crisi. Da tutta Italia chiedono aiuto e ospitalità a questa comunità, anche famiglie siciliane, da Marsala, da Messina, con viaggi, letteralmente, della speranza. I nuovi poveri sono le famiglie in crisi. Lo scopo di questa comunità è creare centri d’accoglienza, in cui pastori e sposi si mettono a servizio della famiglia. Siamo nel tempo di passaggio tra il sinodo straordinario e quello ordinario sulla famiglia, e Papa Francesco ha voluto che ci fosse questa fase di maturazione per e con la famiglia. Egli ha anche voluto inaugurare l’anno della misericordia per scoprire la misericordia di Dio, tra gli sposi, tra genitori e figli, nella famiglia.
Don Carlo Rocchetta: L’argomento in questione presuppone due domande:
- In che rapporto sta il sacramento dell’ordine con quello del matrimonio?
- Come ripensare una responsabilità di pastori e sposi insieme per la nuova evangelizzazione di fronte alle nuove sfide?
Due interrogativi che non vanno visti soltanto alla luce della complementarietà ma a quella della reciprocità: l’uno non può stare senza l’altro. Non si deve più parlare di collaborazione degli sposi ai pastori ma di corresponsabilità, sposi e pastori (vescovo, presbiteri, diaconi), uniti per camminare insieme. Come superare l’attuale dicotomia ancora esistente tra pastori e sposi? Papa Francesco sostiene che la sintonia tra sposi e pastori sia la tappa fondamentale per la nuova evangelizzazione. Per fondare tale ragionamento bisogna porre tre punti: il retroterra storico di questa problematica (tutto il cammino della Chiesa è costellato da questo problema); l’ecclesiologia di comunione che è propria del Vaticano II da cui parte lo stesso, per la corresponsabilità tra le due parti; mostrare la corresponsabilità reciproca alla luce del mistero nuziale.
Partendo dallo sguardo storico, i fattori che hanno accompagnato il cammino della Chiesa sono tanti: la gerarchia, il posto assegnato ai laici, la teologia dei due ministeri (nuziale e ordinato). Si può schematizzare il nostro quadro storico attraverso tre modelli ecclesiologici essenziali: il modello apostolico pre-costantiniano; il modello post-constaniniano fino al medioevo, e in quello che va dal medioevo fino al Vaticano II.
Il primo modello è caratterizzato dalla positiva sinergia tra sposi e pastori (basta pensare a 1 Cor 13, 14-15): la Chiesa viene spinta come un corpo unico dove le varie componenti sono a servizio del bene comune. In questa ecclesiologia ministeri e carismi vengono dall’alto, come afferma l’Apostolo. In questa Chiesa c’è una grande corresponsabilità (Aquila e Priscilla con Paolo); non esiste il dualismo, perché la Chiesa si sente una minoranza che si fa lievito per evangelizzare i pagani. Dominante è anche la dimensione escatologica della fede (il Signore tornerà presto). Ci sono la gerarchia, il pastore, l’apostolo, una diversificazione dei ministeri, ma sempre in comunione armonica attorno all’unico vescovo e attorno all’unica eucarestia. Non manca la ministerialità laicale (San Giustino, martire, era laico, Lattanzio lo stesso). La Chiesa è una famiglia di famiglie, la famiglia non è utente ma protagonista dell’essere Chiesa. Vengono formati i tre grandi ordini: “ordo pastorum”, “ordo virginum”, “ordo coniugatorum”, cioè l’ordine dei pastori, delle vergini e degli sposi, e tutti fanno parte della stessa Chiesa.
Il secondo modello, con la pace costantiniana, è un modello di una Chiesa liberata. Viene a cadere il rapporto dialettico con il mondo; infatti, non è più chiamata a convertire i pagani, perché avviene un’osmosi tra impero e cristiani, e non c’è più un’opposizione con il mondo esterno, ma con il mondo al suo interno; infatti, si vengono a contrapporre gli “spiritales” e i “carnales”: i primi sono i chierici, i secondi sono i coniugi. La cultura apparterrà ai primi, e i secondi verranno chiamati “idiotes”. Si vengono a differenziare i due ministeri: nelle prime basiliche post costantiniane si mette una vera e propria barriera tra il presbiterio dove stavano i pastori, che parlavano il latino, lingua ufficiale per la liturgia, e i laici che stavano separati dai pastori. Quindi, si viene a creare una vera e propria divisione; si viene a formare una sacerdotalizzazione dei pastori: per la prima volta si parla del sacerdote, rifacendosi a Cristo, nuovo e sommo sacerdote. Pertanto, si afferma una gerarchizzazione dei pastori, (diaconi, sacerdoti, vescovi); la teologia del ministero si evolve in un ambito liturgico individuale più che collegiale; si forma il presbitero residenziale (gli odierni parroci) che risiede nelle zone residenziali, sempre in comunione con il vescovo, occupandosi di una determinata porzione di popolo di Dio. I laici sono separati dai ministri di Dio, il matrimonio non è più visto come una vocazione ma come una condizione necessaria per natura, come una concessione da parte dei pastori. I laici e le famiglie sono esclusi dalla vita ecclesiale.
Il terzo modello si presenta come una piramide gerarchica, dove al vertice sta il clero, sotto gli stati di perfezione (monaci, e consacrati) e infine alla base i laici. Dal rinascimento, dall’illuminismo e dall’ epoca moderna, nasce un mondo che vuole vivere senza costrizioni dalla Chiesa. Si viene a formare una teologia dei poteri, cioè solo del presbitero e del vescovo, mentre non esiste più il diacono permanente perché considerato solo come uno stato di passaggio per il sacerdozio. I ministri avevano così il potere di officiare le celebrazioni, di poter parlare con Dio, di Dio e pregarLo. I laici sono, invece, appendice della Chiesa, non Chiesa, non “necessari” per la sopravvivenza della Chiesa. Il matrimonio era visto solo sotto un aspetto giuridico, e se ne parlava solo nel diritto canonico. Già negli anni subito prima del Vaticano II s’iniziavano a formare le prime associazioni laicali all’interno della Chiesa e si inizia a notare che fino a quel momento i laici avevano vissuto NELLA Chiesa, ora iniziavano a vivere LA Chiesa.
L’ecclesiologia di comunione è la riscoperta della SS. Trinità, la Chiesa è plasmata sul modello di Dio Trinità: “la Chiesa è un popolo adunato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Lumen Gentium). La Chiesa è comunione perché deriva dalla Trinità, si plasma sul modello della Trinità, va verso la Trinità. La Chiesa è il grembo della Trinità nella storia, della misericordia divina, sacramento vivente della tenerezza di Dio. Bisogna ritrovare il sacerdozio comune dei fedeli, il sacerdozio battesimale proprio di ogni cristiano, che è ordinato al sacerdozio ministeriale dei ministri ordinati, che a sua volta è ordinato a quello battesimale, per essere riuniti nel sommo sacerdozio di Cristo (Lumen Gentium 10). Il sacerdozio ministeriale è al servizio di quello battesimale poiché è questo che fa la Chiesa, quindi si capovolge la teologia del potere e si converte alla teologia del servizio. Il laico, incorporato a Cristo nel battesimo, nella sua parte compie il sacerdozio battesimale di Cristo. Il laico quindi ritorna a far pienamente parte della Chiesa, compone, insieme ai ministri ordinati, la Chiesa. La famiglia è una famiglia nella famiglia della Chiesa. La famiglia è così Chiesa domestica.
Nella corresponsabilità bisogna ritrovare la nuzialità dei due ministeri, quello nuziale e quello ordinato, e riscoprire la bellezza e la responsabilità del sacramento, nell’ottica della collaborazione. La reciprocità sacramentale dei due sacramenti, entrambi sono nuziali in modo proprio: l’ordine corrisponde alla presidenza, mentre il matrimonio corrisponde alla rappresentanza. L’ordine riceve una configurazione specifica a Cristo Sposo, come immagine di Cristo, servo pastore e sposo, presiedendo, secondo il proprio grado, il popolo di Dio. Gli sposi, invece, sono segno della Chiesa Sposa di Cristo partecipando al Suo essere Sposo. Giovanni Paolo II ha dichiarato che la famiglia è Sposa di Cristo, quindi non solo i consacrati sono sposi, ma anche i coniugi, in virtù del loro sacramento, sono sposi di Cristo. Valorizzare al massimo gli strumenti che il Vaticano II offre per continuare questo cammino di corresponsabilità tra pastori e sposi, a livello parrocchiale e diocesano, deve essere l’obiettivo della pastorale familiare di formazione.