«Per noi è importante ricordare i veri eroi del nostro tempo. Martiri che hanno combattuto per la libertà di tutto il territorio e per la libertà del lavoro e dell'impresa in questa zona, è fondamentale. La mafia è un mostro che non porta ricchezza, ma povertà, disperazione, lacrime. Porta con sé il carcere e la divisione delle famiglie intrappolate in questa morsa. Renato Caponnetto e la sua famiglia hanno dimostrato una grande dignità. È la dignità di continuare sulla scia di chi non ha avuto paura ad opporsi al racket».
Sono le parole dell’arcivescovo di Catania, mons. Luigi Renna, pronunciate a Belpasso in occasione della cerimonia commemorativa dedicata all’imprenditore agricolo, vittima della mafia l’8 aprile del 2015. Una stele, posta in via Palmintelli, rende omaggio ad un uomo che si è opposto alla prevaricazione mafiosa. A fianco alla sorella Maddalena, socia dell’associazione antiracket "Libera Impresa, e alle istituzioni locali, non è mancata la presenza del vescovo.
«Oggi sappiamo che quest’uomo non è più solo – ha sottolineato Renna – e che c’è lo Stato, così come la Chiesa e le forze della magistratura sono al suo fianco. La morte di Renato Caponnetto sia un monito per tutti coloro che continuano ad essere al soldo della mafia e hanno perso la loro dignità. Renato Caponnetto questa dignità non l’ha barattata con nulla: un vero padre, un vero marito, un vero cittadino».
Il giovane imprenditore aveva dimostrato coraggio e ha sacrificato la sua vita piuttosto che piegarsi alle logiche criminali, affermando i valori della famiglia e della libertà d'impresa. La sua fine era avvenuta in modo atroce per mano del boss Aldo Carmelo Navarria, assieme ad altri complici. A consentire di ricostruire il delitto, il collaboratore di giustizia Francesco Carmeci.